di J.G.Bennett
Estratto da: TRANSFORMATION – “ The four sources ”.
Partiamo da una posizione d’ignoranza di noi stessi, delle nostre potenzialità, dei modi, mezzi, metodi e leggi che governano il processo di trasformazione. A questa ignoranza occorre porre rimedio. Dobbiamo cercare e dobbiamo imparare. Prima di poter imparare, dobbiamo apprendere come imparare. Dobbiamo avere il desiderio di apprendere e non aspettarci di sapere senza aver imparato. Potremmo immaginarci di non volere niente più che conoscere la verità su noi stessi ed il mondo, ma dimostriamo ancora ed ancora con il nostro comportamento che semplicemente chiudiamo la nostra mente alla conoscenza che non fa per noi. Anche se sinceramente desideriamo apprendere, non né consegue il nostro essere disposti a che ci venga insegnato. C’è una storia di un cercatore della conoscenza che chiede ad un maestro Sufi di insegnargli e riceve la risposta: “Se io sono disposto ad insegnarti, tu sei disposto a che ti venga insegnato?” Una parte dell’apprendimento deve venire da noi stessi. Dobbiamo essere disposti ad essere sinceri nell’osservazione dei nostri stati interiori ed impulsi nascosti così come il nostro comportamento esteriore. Ma anche una sincera osservazione ha bisogno di essere diretta da una conoscenza su cosa cercare e come verificare ciò che crediamo di aver visto. Come apprendiamo? L’apprendimento è un processo senza fine- a meno che non ci sia un punto finale nella Visione Beatifica in cui “conosceremo e saremo conosciuti”. Sebbene, la Visione Beatifica è solo l’inizio di una nuova vita in cui inizieremo ad imparare cose che la lingua non può proferire. Credo che l’abilità di imparare è una qualità così preziosa che non può scomparire dall’uomo perfezionato. Essere capaci di imparare è essere giovani e chiunque mantiene in sè fresca la gioia di imparare rimane per sempre giovane. Tutto ciò che in noi chiude i canali attraverso cui la nuova conoscenza può entrare rende più difficile l’evasione dalla prigione della nostra ignoranza. L’uomo ignorante è come un prigioniero che langue nella sua cella stretta, che diventerà la sua tomba, poichè non ha appreso che la porta non è serrata.
di Pierre Elliot
(ESTRATTO)
Gurdjieff asserisce che lo sviluppo armonico dell’uomo può essere raggiunto solo dal bilanciato adempimento di tre intenzioni: una diretta verso il proprio benessere, il secondo verso il benessere degli altri e il terzo diretto a servire un proposito molto più grande di noi stessi che possiamo definire il Grande Lavoro. Ora, questa formulazione non tiene conto della necessità, inoltre, di bilanciare il mondo interiore ed esteriore dell’uomo. Raggiungere questa armonia del mondo interiore ed esteriore dell’uomo è certamente aldilà del nostro solo potere. Non sappiamo neanche come cominciare. In ogni momento abbiamo bisogno di aiuto per evitare le molte trappole nelle quali possiamo cadere a causa del fatto che neanche conosciamo noi stessi. Non vediamo la nostra vanità, la nostra parzialità, la nostra mancanza di accettazione delle altre persone, il nostro settarismo, le nostre ristrettezze, le quali possono portare a nulla il nostro Lavoro. Aldilà di tutto c’è nel nostro tentativo di servire qualcosa più grande di noi, il pericolo di desiderare di avere una posizione, e il pericolo di essere gelosi di chiunque sia più importante o più meritevole.
La trasformazione è un processo con i suoi stadi, con il proprio schema, governato dalle proprie leggi che non possono essere violate senza sbilanciare qualcosa. Più comprendiamo il processo, più siamo vicini a compiere il proposito di Dio. Questo mi ha portato a rivolgere un nuovo sguardo a dove siamo in relazione alla nostra vera esistenza e al miracoloso processo che possiamo chiamare il Lavoro. Potremmo essere veramente coinvolti in questo momento in uno o in un altro aspetto del Lavoro, ma adesso credo sia il momento di guardare al processo nella sua interezza, posto a suoi minimi termini, nella nostra terminologia il Lavoro può essere definito un processo di trasformazioni chimiche. La formazione di un nuovo essere in noi è chimica. Questa è la trasformazione della sostanza. Come è presentato nel Belzebù…ciò dipende da un certo tipo di esperienze interiori e condizioni interiori, se esse sono presenti questa trasformazione andrà avanti. Si formerà qualcosa che è tanto forte quanto permanente e che trascenderà alcune delle nostre limitazioni terrene. L’agonia della lotta del sì e del no può aiutarci ad arrivare “nel vero centro del nostro sé dove eventualmente dobbiamo affrontare la necessità di rinunciare al nostro egoismo”. C’è in realtà più di un processo. Abbiamo bisogno di un duplice orientamento. Vi è un orientamento che crea un processo di cristallizzazione possibile e l’altro è necessario affinché questa cristallizzazione sia capace di una evoluzione successiva. Se io ho uno scopo e dirigo tutte le mie energie verso questo scopo, la lotta contro tutto ciò che mi porta lontano da esso produrrà lo shock dal quale la trasformazione dell’aria avrà luogo e la formazione di un secondo corpo procederà. “Lo abbiamo sentito fino alla nausea: non è sufficiente che io realizzi questo con la mia testa è quasi del tutto inutile. Devo vedere ciò che sono. Devo vedere che sono nulla, che io stesso sono vuoto. Non che l’uomo in generale è vuoto ma che io lo sono. Non è possibile lavorare con la speranza che qualcosa di vero verrà se perdiamo questa realizzazione.”
di Jose Reyes
“Siamo trasformatori di energie, e il modo in cui lo facciamo determinerà il modo in cui viviamo le nostre vite. La nostra vita di tutti i giorni dipenderà dalla qualità, così come dalla quantità di energia che possediamo. Quantità e qualità sono determinate dal modo in cui riceviamo e digeriamo le impressioni. Allo stesso tempo, il modo in cui riceviamo le impressioni dipenderà da come i nostri centri sono stati educati o addestrati. Educazione continua significa che dobbiamo rieducare il nostro corpo, mente e sentimenti per ricevere le impressioni in un modo più sano. Abbiamo sviluppato abitudini in tutti e tre i centri ed il nostro comportamento e le nostre reazioni sono di solito predeterminate dalla nostra educazione ed istruzione. Se siamo in grado di sostituire le cattive abitudini con quelle buone allora saremo in grado di migliorare la qualità e la quantità della nostra vita, così aumentando i livelli di energia digeriremo impressioni nutrendo le parti più alte del nostro essere. L’energia non può essere creata o distrutta, può essere solo trasformata. Per noi esseri umani, l’energia viene solitamente sprecata attraverso il lavoro sbagliato dei centri ed è imperativo imparare a non sprecare la nostra energia. Con la comprensione delle energie comprenderemo noi stessi”.
15 novembre 1964
di J.G.Bennett
(Estratto)
Tutte le nostre speranze poggiano sulla possibilità di essere liberi dalle influenze che ci vincolano a questo attuale stato di esistenza. La nostra attuale condizione non corrisponde al vero destino dell’uomo, e tuttavia vi è poco che possiamo fare in merito poiché siamo stati condizionati a vedere ogni cosa “non com’è in realtà”. Questo condizionamento non è del tutto colpa nostra e non è del tutto in nostro potere l’andare oltre ad esso. Se vogliamo divenire esseri liberi dobbiamo essere preparati ad un de-condizionamento all’ingrosso. Oggi voglio richiamare la vostra attenzione soprattutto sul tipo di de-condizionamento che dobbiamo generare volontariamente in noi stessi. Il condizionamento si sviluppa abbastanza facilmente, ma il de-condizionamento è qualcosa di differente, ed il tipo di de-condizionamento di cui abbiamo bisogno non verrà da solo, semplicemente perché siamo costantemente esposti alle stesse influenze condizionanti da cui stiamo cercando di liberarci. Faccio riferimento al condizionamento che ci fa prendere per realtà solo ciò che possiamo vedere e toccare, in altre parole gli oggetti materiali con cui abbiamo a che fare. Questo condizionamento ci fa cercare, e trovare interesse nella supposta sicurezza data dal possesso materiale. Consideriamo tutto questo come se fossimo in contatto con “il mondo reale”.
[…] Quando incominciamo a vedere i limiti di questo mondo materiale ed a cercare qualcosa oltre ad esso, lo facciamo in parte con i nostri pensieri, immaginandoci vi sia un altro mondo, invisibile o spirituale, ed in parte con i nostri sentimenti. Vi può forse anche essere un qualche ricordo e talvolta persino forse un’esperienza presente immediata di un qualcosa di molto diverso, di modo che, sebbene vediamo la stessa cosa, è del tutto differente perché noi siamo differenti. E questo è ciò che descriviamo come divenire consapevoli di una realtà spirituale all’interno di una realtà materiale. Tutto ciò va molto bene, ma non rimane con noi, così che non siamo in grado di vivere la nostra vita con piena accettazione di una realtà che è al di là dei sensi, e di tutto ciò che implica questa accettazione.
[…] Molti di voi hanno indubbiamente osservato che quando si giunge al nostro lavoro, alla ricerca di una realtà in se stessi attraverso al trasformazione della propria natura, si porta in esso questo condizionamento e si pensa a questo cambiamento come a qualcosa di remoto, come a qualcosa di molto distante, qualcosa che per noi come siamo adesso non ha nessun significato. E’ molto difficile arrivare all’idea che sia vicino, che sia immediatamente presente, che sia parte della realtà di cui facciamo esperienza adesso. Pensiamo ad un mondo o a due mondi, ma quando pensiamo ad un mondo lo facciamo come se questo fosse il solo mondo reale. Ciò cui non riusciamo a pensare è un mondo in cui il visibile e l’invisibile siano veramente uno e lo stesso; non separati come la terra ed il cielo, non separati come l’esperienza di ogni giorno e l’estasi dei mistici, ma intimamente sempre collegati l’uno con l’altro.
[…] All’inizio ho detto che avrei parlato di de-condizionamento. Credo sia possibile, impegnandocisi a fondo, di cambiare il nostro modo di pensare circa queste cose. Ad esempio, ricordandoci costantemente che la realtà spirituale è qui e non in un altro posto, che la mia propria realtà spirituale, ovvero il mio vero “Io”, è qui adesso e non in un qualche altro mondo. Ed anche se impiego l’espressione “altro mondo”, questo “altro mondo” non è lontano, non appartiene alla fine del tempo, come le persone sono state abituate a pensare. Non c’è bisogno che moriamo ed andiamo da qualche altra parte per trovarlo. Poiché siamo abituati a pensare che l’altro mondo deve essere “raggiunto” da un qualche tipo di viaggio nello spazio e nel tempo, dobbiamo disabituarci. Ciò avverrà solo se ci ricordiamo spesso di questo nei modi in cui pensiamo, nei modi in cui osserviamo, nel nostro atteggiamento nei confronti di noi stessi, delle persone e delle cose, degli avvenimenti, di ogni cosa. Vi è qui, nel contatto intimo con ciò che siamo in questo momento, un mondo invisibile di cui abbiamo avuto i bagliori, e questi bagliori ci hanno mostrato quanto vicino esso sia. Ciò non significa naturalmente che i livelli più elevati di essere per l’uomo siano facilmente raggiunti, e che la trasformazione sia semplicemente una questione di cambiare atteggiamento. La trasformazione dell’uomo per renderlo un essere che sia veramente libero in relazione ai mondi invisibili, è una cosa molto grande. Non è perché la realtà è differente, ma perché è necessaria una radicale ricostruzione della nostra natura. Questa ricostruzione deve incominciare con l’accettare che è possibile.
Copyright
The Estate of JB and Elizabeth Bennett
Equinozio: Dal Latino Medioevale aequnoxium, dal Latino aequinoctium: aequi-,equi+nox-noct
Il 20 Marzo (alcuni anni il 21) non è solo un indicatore del cambio di stagione, è significativo per ragioni astronomiche. Il Sole passa direttamente sopra l’equatore della Terra. Questo momento è conosciuto come Equinozio Vernale (di Primavera) nell’emisfero Nord. Per l’emisfero Sud questo è il momento dell’Equinozio d’Autunno. Durante gli equinozi, il giorno e la notte hanno uguale durata in tutto il mondo, poiché il sole è posizionato sopra l’equatore.
Le generazioni hanno riconosciuto l’Equinozio Vernale per migliaia di anni. Ci sono diversi rituali e tradizioni attorno all’arrivo della primavera. Per molte di esse la ragione basilare era il fatto che le loro scorte di cibo sarebbero state presto rinnovate. Nella Cristianità la data è significativa perché la Pasqua cade sempre la prima Domenica dopo la prima luna piena dopo l’Equinozio Vernale. Gli Egizi inoltre costruirono la Grande Sfinge in modo che essa fosse diretta verso il punto in cui il sole sorge nel giorno dell’Equinozio di Primavera.
L’Equinozio di Primavera è anche conosciuto come “il primo punto dell’Ariete”, è il momento in cui il sole comincia ad attraversare l’equatore celeste da sud a nord. L’equinozio di primavera, è un momento di rinnovamento sia per la natura che per l’uomo.
In molte antiche culture si crede che l’arrivo della primavera rimuova ogni energia negativa accumulata durante gli oscuri mesi invernali, e che prepari la casa per la crescente energia positiva della primavera e dell’estate. In questo momento le quantità di buio e luce sono bilanciate, dodici ore ciascuna, giorno e notte. E’ un momento di equilibrio nell’anno. L’equinozio primaverile era considerato l’inizio del nuovo anno pagano.
Era un periodo di gioia richiamato dalla resurrezione della “ Luce del Mondo” (il Dio Sole) dal mondo sotterraneo dell’inverno, da dove egli sorge per raggiungere la sua dea Eastra. (la Pasqua–Easter- è così chiamata dall’antico nome della dea della Primavera, Eastra.)
Tutto ciò trova le sue primitive origini nelle prime culture europee e mediorientali, le cui festività maggiori riguardavano la resurrezione e/o la liberazione dalla schiavitù, basate attorno all’Equinozio di Primavera. Ma migliaia di anni prima dell’Era Cristiana, l’Equinozio di Primavera segnalava l’inizio della stagione della rinascita. La resurrezione della natura e di molti antichi déi pagani. I Babilonesi e gli Assiri davano una maggiore importanza agli Equinozi rispetto ai Solstizi.
La festività Babilonese più importante era la celebrazione dell’anno nuovo, che ricorreva nell’Equinozio di Primavera.
La struttura religiosa antica, più significativa per gli ebrei ( e più tardi anche per i cristiani), era il Tempio di Salomone a Gerusalemme, orientato verso l’alba dell’Equinozio. Ogni Equinozio di Primavera, nel periodo della antica festa agriculturale della semina, la luce era fatta entrare attraverso un passaggio aperto dalla porta di accesso del Tempio fino a cadere sull’alto altare e nel Santo dei Santi (Sancto Sancturum). E’ stato notato che “ è evidente…che l’entrata della luce del Sole nell’Equinozio di Primavera, formava parte del cerimoniale. Essendo i preti nella Zona Santa, i fedeli, con la schiena verso il sole, potevano vedere gli alti preti dalla luce del sole riflessa dai gioielli della loro veste”.
L’Equinozio di Primavera è un momento speciale nel quale c’è una qualità di energia nel nostro pianeta. Energia per piantare, energia per crescere, energia per rinnovare le nostre vite. Ciò che accade è che la vita stessa si sta rinnovando, perché l’energia sta emergendo dal suolo, dove è rimasta addormentata nella terra dal Solstizio d’Inverno.
© Gurdjieff Dominican Group
“Le persone hanno del mondo migliaia di idee diverse, ma manca loro quell’idea generale che permetterebbe di comprendersi l’un l’altro e di determinare subito da quale punto di vista essi intendono considerare il mondo. “È impossibile studiare un sistema dell’universo senza studiare l’uomo. Allo stesso tempo è impossibile studiare l’uomo senza studiare l’universo. L’uomo è un’immagine del mondo. Egli è stato creato dalle medesime leggi che crearono l’insieme del mondo. Se un uomo conoscesse e comprendesse se stesso, conoscerebbe e comprenderebbe il mondo intero, tutte le leggi che creano e che governano il mondo. E inversamente, con lo studio del mondo e delle leggi che lo governano, apprenderebbe e comprenderebbe le leggi che governano anche lui.
L’enneagramma è un simbolo sacro, un diagramma universale. Dal greco Ennea “nove” e grammean “punti”. L’enneagramma è una bussola per il ricercatore in viaggio dall’illusione verso la Realtà, dalla separazione all’unione. L’enneagramma è un sistema dinamico di nove coordinate e può essere utilizzato per rappresentare ogni processo reale: vegetale, animale, umano, cosmico. Il simbolo dell’enneagramma ha la capacità di applicarsi a vari livelli, poiché esso è un simbolo oggettivo che presenta le leggi della creazione e del mantenimento dell’universo, secondo il principio “come in alto così in basso”; esso si applica al grande come al piccolo. Il disegno dell’enneagramma è stato presentato per la prima volta da Gurdjieff all’inizio del’900 ai suoi studenti aprendo la porta a questo strumento per l’occidente. L’enneagramma permette di osservare come i nostri processi, così come i processi del mondo, prendono forma in armonia con le leggi cosmiche. Tali leggi fondamentali sono la Legge dell’Uno, la Legge del Tre e la Legge del Sette. L’enneagramma mostra l’interazione di queste leggi combinando la fusione ed il dinamismo proprie alla natura della triade e dell’esade.
Il cerchio rappresenta l’identità del fenomeno o Legge dell’Uno. Il triangolo è il simbolo della triade creativa o Legge del Tre. L’esade è la rappresentazione dell’ordine della manifestazione o Legge del Sette. La prima legge ci mostra come ogni essere e ad ogni processo possiedono una propria identità, come essi siano un tutto integrale in relazione con sé stesso e gli altri. Il lavoro con l’enneagramma in questo caso ci aiuta a scoprire qual’è la vera identità di un fenomeno o il nostro vero sé, oscurato dal falso. La legge del tre manifesta come ogni fenomeno reale per sorgere ha bisogno di tre forze o principi: attiva, passiva e riconciliante. La legge del sette ci parla di come nulla di ciò che è stato creato rimane statico, ma evolve o involve, secondo sette passaggi fondamentali.
“In senso generale, bisogna comprendere che l’enneagramma è un simbolo universale. Ogni scienza ha un posto nell’enneagramma e può essere interpretata per mezzo dell’enneagramma. Sotto questo rapporto si può dire che un uomo non conosce veramente, cioè non comprende, se non quello che è capace di inserire nell’enneagramma. Ciò che non è in grado di porre nell’enneagramma non lo comprende. Per un uomo che sappia utilizzarlo,l’enneagramma rende libri e biblioteche del tutto inutili; ogni cosa può essere inclusa e letta nell’enneagramma. Un uomo isolato nel deserto che tracci l’enneagramma sulla sabbia, può leggere in esso le leggi eterne dell’universo. Ed ogni volta egli può imparare qualcosa di nuovo, qualcosa che prima ignorava del tutto. L’enneagramma è il geroglifico fondamentale di un linguaggio universale con tanti significati diversi quanti sono i livelli umani. “L’enneagramma è il moto perpetuo, è quel perpetuum mobile che gli uomini hanno cercato dalla più lontana antichità, e sempre invano. Non è poi difficile capire perché essi non abbiano potuto trovarlo. Essi cercavano al di fuori di sé stessi ciò che era in loro; essi cercavano di costruire un movimento perpetuo come si costruisce una macchina, mentre il movimento perpetuo è parte di un altro movimento perpetuo, e non può essere creato separatamente da questo. L’enneagramma è un diagramma schematico del moto perpetuo cioè una macchina dal movimento eterno. Ma naturalmente è necessario sapere come leggere questo diagramma. La comprensione di questo simbolo e la capacità di farne uso dà all’uomo un grandissimo potere. È il moto perpetuo ed è anche la pietra filosofale degli alchimisti.
“La scienza dell’enneagramma è stata tenuta segreta molto a lungo e se ora è, in certo modo, resa accessibile a tutti, lo è solo in forma incompleta e teorica, inutilizzabile in pratica da chiunque non sia stato istruito in questa scienza da un uomo che la possieda.
“ Conoscere vuol dire conoscere tutto, non conoscere tutto vuol dire non conoscere. Per conoscere tutto è necessario conoscere assai poco, ma per conoscere quel poco una persona deve prima conoscere molto”
G.I.Gurdjieff
di J.G.BENNETT
6 giugno 1965 – Discorso domenicale a Coombe Spring
(ESTRATTO)
Dovremmo avere di fronte a noi che siamo esseri capaci di crescita, sviluppo e trasformazione, non esseri destinati a rimanere come siamo. Il significato della nostra vita non deve essere trovato in ciò che siamo adesso, ma in ciò che possiamo divenire. Le condizioni per questa crescita e sviluppo ci sono in parte fornite, ma in parte dobbiamo crearle noi stessi. Siamo forniti di nutrimento di tre tipi: la Natura ci fornisce il nutrimento per il corpo; la cultura umana ci fornisce il nutrimento psichico; e siamo forniti di nutrimento spirituale da una Fonte spirituale. Non possiamo però trarre beneficio da tutto quanto ci è fornito a meno che da noi non venga un minimo di cooperazione. Dobbiamo lavorare per pagare e per poter trarre beneficio dal cibo che ci è reso disponibile dal lavoro della Natura, e questo lavoro, in un modo o nell’altro, deve essere fatto. Se non siamo noi a farlo, qualcun altro lo deve fare per noi, e non dobbiamo dimenticare che in quel caso siamo in debito, perché qualcuno ha fatto per noi ciò che dovevamo essere noi stessi a fare.
Lo stesso vale per il nostro nutrimento psichico. Possiamo ricevere questo nutrimento in modo passivo, consentendo ad altri di influenzarci, incoraggiarci, sostenerci, ma se non diamo il nostro proprio contributo corrispondente al nutrimento che riceviamo, anche qui siamo in debito. Ciò non è meno vero per riguardo il nostro nutrimento spirituale. Questo nutrimento viene versato nel flusso della vita umana e possiamo attingervi; qui vi è però una differenza rispetto agli altri tipi, ed è che non è possibile che qualcun altro faccia il lavoro per noi, o comunque solo per un grado molto limitato. Ciò significa che le cose che ci attirano verso una realtà più elevata possono esserci date, come il nutrimento psichico, attraverso cose che ci interessano e ci eccitano, quando si arriva però al vero e proprio nutrimento spirituale dobbiamo riconoscerlo, darvi valore, prenderlo ed impiegarlo noi stessi.
Tutte e tre le forme di nutrimento sono per la nostra crescita: la crescita del nostro corpo fisico, la crescita del nostro corpo psichico; la crescita del nostro corpo spirituale. Ma questa non è tutta la storia. C’è anche la nostra volontà, ed anch’essa ha bisogno di qualcosa: ha bisogno di aiuto, che è differente dal nutrimento. Questo aiuto risiede in primo luogo nelle condizioni che rendono possibile per noi incominciare a sentire che siamo in grado di andare incontro alla chiamata e alla speranza della nostra vita. Può perciò apparire come una sfida, che talvolta trattiene il nutrimento così che siamo obbligati a darci da fare per ottenerlo. Così che talvolta questo aiuto ci appare come qualcosa contro la nostra crescita, come se ci stesse privando di qualcosa di cui abbiamo bisogno.
E’ qualcosa che non comprendiamo a meno che non ci rendiamo conto che, senza questa sfida, quest’altra parte di noi stessi, che è la parte in cui deve essere presente la nostra volontà, non può trovare se stessa.
Vi deve perciò essere una certa distinzione fra la crescita che viene dai diversi tipi di nutrimento ed il rafforzamento di quest’altra parte in noi. Questa parte si rafforza in primo luogo superando difficoltà ed in secondo luogo con il chiarimento di che cosa desideriamo veramente. Ciò che desideriamo è ciò che serviamo. Il desiderio è il magnete che ci attira verso qualcosa cui noi daremo il nostro servizio. Il nostro servizio dipende dalla nostra comprensione. La volontà dell’uomo, senza comprensione, è come un pollo senza testa. Se non comprendiamo come dirigere il nostro desiderio, il nostro desiderio di servire viene attratto verso noi stessi. Può essere servizio nei confronti del nostro amor proprio o le nostre paure, o abitudini, in tal caso è dove si trova il nostro desiderio ed è dove rimane imprigionata la nostra volontà. Può essere tanto elevato quanto noi scegliamo di farlo; ovvero, possiamo desiderare di servire l’obiettivo più elevato e più perfetto, quello che è autenticamente ed interamente Giusto. Non possiamo tuttavia ancora sapere che cosa sia, né abbiamo il potere o gli strumenti per servirlo. Perciò tutto ciò che possiamo fare è avere un’intenzione nei suoi confronti. Non è che questa intenzione non sia nulla, per quanto sia priva di successo, per quanto rimaniamo in ignoranza ed impotenti. Non dobbiamo mai sottovalutare questa nostra intenzione, è nel nostro potere renderla più forte. Dovremmo chiederci ancora ed ancora: “Che intenzione ho veramente, che cosa voglio veramente che la mia vita serva?” E quando diviene più chiaro, una trasformazione lo accompagna. Questa trasformazione è una cosa diversa dalla crescita, poiché ci trasforma da un tipo di essere ad un altro. Perciò, non è semplicemente consentirci di sviluppare i nostri poteri naturali, e neppure i nostri poteri spirituali.
La possibilità di trasformarsi non ci è offerta nel modo in cui ci è offerto il nutrimento. Compare poiché vi è una volontà più elevata. Quando abbiamo l’intenzione di servire, ci colleghiamo con Qualcosa, o con Qualcuno, oppure possiamo raffigurarlo come una Volontà o un’Intelligenza che non possiamo ancora conoscere, ma che c’è veramente e, la cosa più importante di tutte, che ha veramente bisogno di noi. E’ per questo che ci viene dato aiuto, al quale dapprima non siamo in grado di rispondere, e talvolta ci pare essere proprio l’opposto dell’aiuto. Spesso la gente mi parla di cose che sembrano loro degli ostacoli, o eventi che sembrano loro dei fallimenti, oppure di stati in cui ritengono sia successo qualcosa di sbagliato, mentre con l’esperienza è possibile rendersi conto che, in molti casi, ciò che sta avvenendo loro è che stanno ricevendo aiuto per intraprendere un qualche passo. Poiché però non possono ancora comprendere, questo aiuto genera in loro rivolta, disperazione, apatia e rifiuto. Tuttavia, queste stesse persone intendono e desiderano veramente servire; solo non comprendono che l’aiuto viene in modi che non ci aspettiamo e che non possiamo comprendere. Con più esperienza, queste situazioni o avvenimenti che ci sembrano difficoltà e fallimenti incominciano a porsi nella giusta prospettiva. Incominciamo allora a renderci conto che questi apparenti ostacoli nel cammino sono il mezzo stesso con cui questa nostra intenzione può venire alle prese con il nostro stesso bisogno di porci in relazione con qualcosa di più elevato. Questa è la seconda fase di comprendere l’aiuto. Non riconosciamo ancora la sua vera natura, ma incominciamo a renderci conto da noi stessi che ciò che precedentemente appariva come fallimento e sventura in realtà è per noi un mezzo di compiere un passo in avanti.
Questo aiuto può giungerci anche nella forma di esperienze gioiose e felici che siamo forse incapaci di accettare appieno poiché sembrano portarci via dal nostro scopo. Non ci rendiamo conto che ci sono date perché abbiamo un assaggio di quella che è la giusta relazione con qualcosa di più elevato, che è certamente una relazione gioiosa. E così, come rifiutiamo la sofferenza, il fallimento e la frustrazione, tendiamo anche a rifiutare le gioie e le soddisfazioni della vita. Anche queste possono essere una forma di aiuto poiché, come ho detto, sono un modo per avere un assaggio dello stato verso il quale dobbiamo andare.
Per alcune persone è talvolta addirittura più difficile giungere a comprendere questo tipo di aiuto, e rendersi conto di che cosa significa, che non comprendere l’altro genere di aiuto, ovvero la possibilità di fare il giusto uso di fallimenti e sofferenze. Occorre però comprendere che questa gioia, questa soddisfazione, qualunque cosa sia ciò di cui possiamo fare esperienza, è ancora solo un mezzo verso qualcosa, non deve essere preso come un obiettivo di per sé. E’ passando attraverso tali esperienze senza che ci identifichiamo in esse che possiamo giungere ad una terza comprensione. Questo è l’inizio del vero discernimento nello schema celato del Destino. Quando ci rendiamo conto di quanto regolato e nei giusti tempi sia l’aiuto che ci viene offerto, incominciamo ad avere fede nell’intelligenza che sta dietro di esso. L’aiuto che giunge in questo modo non è sempre di un tipo personale, occasionalmente ne abbiamo dei bagliori, magari in momenti di particolare difficoltà, quando giunge un aiuto che corrisponde ai nostri veri e propri bisogni del momento. Anche allora, talvolta non riconosciamo neppure che cosa ci è successo perché ci appare come fortuna o come un evento accidentale.
Sto dicendo tutto questo per ricordarvi che, nelle prime fasi, l’Aiuto può raggiungerci solo con difficoltà per via della nostra mancanza di comprensione. Siamo tagliati fuori da esso da tutti i modi sbagliati che abbiamo di pensare a quasi tutto ciò che ci succede. Successivamente, se il nostro progresso va avanti in questo modo e non siamo soddisfatti della crescita e dello sviluppo, ma vogliamo veramente servire lo scopo della nostra esistenza, incominciamo a sviluppare il potere di riconoscere l’Aiuto in un modo più fine, più rivolto all’interno, continuando a non sapere da dove viene, incominciando però a riconoscere che cos’è.
Al di là di questo vi sono, naturalmente, ulteriori fasi. Alla fine questa relazione viene vista e compresa direttamente, e l’uomo sa allora veramente a che cosa appartiene e chi è, e non vi è separazione fra lui stesso e la Fonte da cui riceve l’aiuto. Allora è in grado di servire la Fonte appieno, con tutto ciò che ha, poiché non vi è separazione.
Ciò di cui parlo adesso è della necessità di prepararci ad essere in grado di comprendere meglio questa relazione. Con le persone che sono nuove a ciò che chiamiamo il Lavoro, una delle prime cose che è utile dire loro è il potere dell’ascolto, per aiutarle a rendersi conto di quanto sia raro che udiamo ciò che viene detto da un altro. Ciò condurrà a comprendere quanto poco udiamo di ciò che viene detto dentro di noi: quanto la nostra capacità di udire noi stessi sia annebbiata dalle nostre stesse abitudini. Se praticherete l’ascolto, se praticherete semplicemente l’osservazione e l’accorgersi di che cosa avviene dentro di voi, siete già sul cammino di rendervi meglio conto di come l’aiuto giunga a noi. Quando incominciate a comprendere quanto l’inatteso, un disturbo ai nostri modi abituali di vivere, talvolta una sofferenza inattesa, talvolta una gioia ed una soddisfazione inattese, nuovi interessi e via di seguito, possano essere per noi un mezzo per comprendere diversamente e meglio a che cosa servano le nostre vite; non semplicemente qualcosa da sopportare perché doloroso, o da perseguire perché delizioso, allora intraprenderete un altro passo verso una comprensione più profonda.